Recensione in anteprima – Tratto dal bestseller omonimo di R. J. Palacio, consacrato dal New York Times, Wonder racconta la toccante storia di August Pullman, un ragazzino nato con una rara malattia che gli ha provocato delle indelebili malformazioni facciali e si trova a dover affrontare il suo primo vero debutto nel mondo: a scuola. Dal 21 dicembre al cinema.
Julia Roberts e Owen Wilson danno il volto a Nate e Isabel, i genitori di Auggie, mentre Jacob Tremblay, il cui nome è ormai famigliare per la sua interpretazione del piccolo Jack accanto a Brie Larson in “Room”, interpreta August Pullman. Regia e sceneggiatura di Stephen Chbosky, musiche di Marcelo Zarvos.
Nascere con una malattia genetica come quella di August è un evento molto raro, che ti rende inevitabilmente unico. Ognuno di noi è unico e irripetibile, certo, ma Auggie ha una gravissima deformazione al volto e si è sempre sentito diverso: tutti lo hanno sempre guardato in modo strano, chi con disgusto, chi con paura, chi con compassione.
Gli sguardi inorriditi e gli atteggiamenti imbarazzati sono pesanti da mandare giù e, anche se hai una famiglia che ti ama e ti sostiene, è difficile avere la stessa vita di tutti gli altri bambini. Per questo August vive a metà tra la spensieratezza dei suoi dieci anni, quando sogna avventure nello spazio e gli eroi di Star Wars, e una maturità quasi da adulto, quando si mette nei panni degli altri e supera le barriere che lo dividono dal resto del mondo reale. Auggie vorrebbe tanto essere un bambino come gli altri, ma, come gli ripete sempre sua sorella,
“non puoi essere normale se sei nato per distinguerti”.
August non è mai andato a scuola, tutto quello che ha imparato glielo ha insegnato con dedizione e pazienza sua mamma. Subire 27 operazioni chirurgiche non è una passeggiata e l’istinto di protezione di un genitore in questo caso si amplifica. Quando però arriva l’età della scuola media tante cose cambiano e i genitori di Auggie vorrebbero fargli frequentare una scuola normale, che gli permetta di sentirsi normale e di stringere amicizie vere. Per Auggie non c’è prospettiva più spaventosa, è terrorizzato, ma deve farsi coraggio e cominciare la sua avventura nel mondo.
L’impatto è davvero duro: Auggie è ironico e molto intelligente, è abituato agli sguardi della gente e alle prese in giro, ma la cattiveria e l’immaturità di alcuni suoi compagni lo mettono davvero in crisi. Gli episodi di bullismo di Justin e dei suoi compari sono all’ordine del giorno e l’intento del preside Mandy Patinkin di affiancargli alcuni studenti per aiutarlo nell’inserimento non aiuta. Auggie è solo.
Piano piano però la sua simpatia e sensibilità cominciano ad attirare degli amici: Jack e Summer, i primi ad avvicinarsi a lui, scoprono che oltre il viso deforme del ragazzino si nasconde una persona normale, anzi, migliore di tante altre.
L’unicità di August alla fine conquista tutti e riesce a trascinare ogni cuore. Dopo un anno di fatiche e delusioni Auggie scopre l’amicizia e la speranza. La gentilezza, cuore pulsante del romanzo e del film, esiste: basta provare a cambiare il nostro modo di guardare.
Come nel libro, la narrazione è affidata in parte ad August in prima persona, ed in parte ad altri personaggi a lui vicini: la sorella Olivia (Via), la sua amica Miranda, l’amico Jack. Nel film mancano all’appello Summer e Justin, questa forse solo l’unica pecca che si potrebbe attribuire alla regia: aver dato poco respiro alla narrazione attraverso gli occhi dell’amica e del bullo della scuola.
Il bisogno di Auggie di sentirsi accettato per com’è, la sua ironia, la sua dolcezza e fragilità rendono impossibile non entrare in empatia con questo ragazzo “immaginario”. Così come la solitudine e il carico di responsabilità della sorella Via (una meravigliosa Izabela Vidovic), che l’hanno fatta crescere quasi “all’ombra” delle vicende del fratello. Forte empatia si prova anche nei confronti della mamma, silenziosa e resiliente come solo una mamma che ha dovuto mettere da parte i suoi sogni per il bene del figlio sa essere. Ogni personaggio diventa reale ed entra subito, per associazione, nel vissuto di ciascuno.
È reale il bisogno di essere accolti e sentirsi liberi di essere sé stessi. È reale l’amore che provano i genitori, così come il loro desiderio di rendere il proprio figlio felice. Sono reali la cattiveria e l’insensibilità di alcune persone verso i più deboli. Il bullismo è reale. Ma è anche reale l‘amicizia che va oltre l’aspetto fisico. È reale l’incoraggiamento che un educatore può dare e la differenza che può fare nella vita di un ragazzo in fase di maturazione.
Chi ha dei figli in età scolare sa bene quanto queste tematiche siano estremamente attuali e reali. La preadolescenza, in particolare, fa emergere i sentimenti con tinte forti e contrastanti. Fa sperimentare le prime delusioni e difficoltà, mette davanti ai primi insuccessi, fa confrontare con un “altro” che sempre più difficilmente è simile a te.
Auggie parla ai bambini della sua stessa età e dice loro che la diversità non deve essere un limite. Nella vita ci saranno sempre delle persone che ci faranno soffrire e delle prove che non vorremmo affrontare, ma con il giusto uso della forza e con l’affetto delle persone che ci vogliono bene ogni difficoltà può essere superata. Perché tutti meritano, almeno una volta nella vita, una standing ovation.
Voto: 9,5