Recensione in anteprima – Terzo lungometraggio per Kenneth Lonergan che ci mostra le ferite di una vita che riaffiorano sempre. Una straordinaria prova d’attore per Casey Affleck in un film estremamente duro e toccante. Candidato a 6 premi Oscar esce in Italia il 16 febbraio.
Lee Chandler conduce una vita solitaria in un seminterrato di Boston, tormentato dal suo tragico passato. Quando suo fratello Joe muore, è costretto a tornare nella cittadina d’origine, sulla costa, e scopre di essere stato nominato tutore del nipote Patrick, il figlio adolescente di Joe. Mentre cerca di capire cosa fare con lui, e si occupa delle pratiche per la sepoltura, rientra in contatto con l’ex moglie Randy e con la vecchia comunità da cui era fuggito. Allontanare il ricordo della tragedia diventa sempre più difficile.
Il film inizia con il primo piano del nome di una barca, la barca di Joe. Il nome sarà importante e rivelatore in seguito, così come scena dopo scena si ricostruisce la storia di Lee districandosi tra presente e flashback del suo passato. La stessa barca usata spesso in famiglia e che funge da mezzo privilegiato per il tragitto tra la Manchester del titolo e la Boston nella quale si è rifugiato Joe.
Kenneth Lonergan lascia ampio respiro alle vicende e ai sentimenti. Senza paura, il regista approfondisce l’animo del protagonista e dei legami famigliari sottolineando diverse scene con una sentita musica classica. E’ questo, un tocco delicato, elegante ma che colpisce profondamente lo spettatore.
Non si tratta di un film facile, non si tratta di un film leggero ma di un film che affonda nelle paure, nell’umore e nelle difficoltà del protagonista, profondamente depresso e riluttante a rimettersi in gioco.
“Qual è una malattia buona?”
E’ la malattia di Joe. Il fratello di Lee muore ad inizio film e lascia in eredità a Lee l’affetto più caro: il figlio. Diverse sono le reazioni dei diversi personaggi alla morte e vengono ben rappresentate da Lonergan che non vuole battere la strada della lacrima facile e si affida a reazioni profondamente umane e, forse, anche spiazzanti ma vere, reali, quelle che ogni famiglia si trova ad affrontare.
“Chi vive e chi muore?”
Cosa rimane in quanti vivono di coloro che sono morti? Ricordi? Nel bel “Amabili resti” di Peter Jackson la risposta a questa domanda veniva data attraverso il punto di vista di chi è morto come dalla visione di un fantasma. Nel film di Lonergan il punto di vista è classico, di chi resta e non ci sono fantasmi di mezzo ma il ritorno del proprio passato. Un passato con il quale Lee non ha mai fatto i conti, vicende ignorate perché troppo dolorose e un senso di colpa mai risolto.
“Quanto me ne frega di dove vivi”
E’ realmente importante dove si vive? In realtà si può abitare un luogo ma mai viverlo realmente. “Manchester by the sea” è la storia di Lee che abita apaticamente Boston per non vivere veramente la sua vita. Uno straordinario Casey Affleck interpreta magistralmente l’uomo che aggiusta tutto come lavoro ma non ha mai aggiustato la sua esistenza, convinto del suo senso di colpa.
Attorno a lui una magnifica fotografia, un ritmo perfetto della regia e una sceneggiatura fitta di dialoghi mai banali e di silenzi rilevatori e che scavano nell’intimo. Tutto il cast è al servizio di questo dramma interiore, discreto e al tempo stesso devastante e che cresce di minuto in minuto senza scomodare il solito meccanismo del pianto a tutti i costi.
Lee incontra il Patrick adolescente, con tutta la sua vitalità, nonostante la disgrazia. E’ costretto a rimettere in discussione la sua chiusura, il suo essere irresponsabile verso se stesso e gli altri. Il film chiede allo spettatore di conoscere il dramma di Lee e di aiutarlo a superarlo. E’ una strada in salita quella che percorriamo tutti, Lee compreso. Ma quale vita è solo discesa?
Un film da vedere, non facile, lento e riflessivo e ben ideato, interpretato e diretto. Da sottolineare la prova di Lucas Hedges, quel Patrick colpito e ferito ma non abbattuto e la breve ma intensa interpretazione di Michelle Williams, l’ex moglie di Lee che, in qualche modo vive, ora una sua vita.
Voto: 8,1