Recensione in anteprima – Venezia 73 – In concorso – Il secondo film di Tom Ford intreccia realtà e opportunità perdute, rimpianti e delusioni con ottimo ritmo. Un thriller molto interessante che lancia Amy Adams e Jake Gyllenhaal nelle migliori interpretazioni del festival. In Italia dal 17 novembre.
Il tempo si fonde con lo spazio. Un libro inscena storie così reali da sembrare vere. La prima parte è incentrata su una donna di nome Susan che riceve un manoscritto dal suo ex marito, da cui si era separata vent’anni prima. La seconda parte racconta la storia contenuta nel manoscritto, intitolato appunto “Nocturnal Animals”, riguardante le tragiche disavventure di un uomo in vacanza con la famiglia, Tony.
Dopo “A single man” del 2009 che segna il buon debutto di Tom Ford alla regia, il regista e stilista americano conferma la sua buona qualità artistica in questo suo secondo lavoro dietro la macchina da presa. Tratto da “Tony e Susan”, romanzo del 1993 di Austin Wright, il film incastra in modo perfetto racconto lineare della vicenda con il thriller di quanto presentato sul libro che Susan (Amy Adams) legge.
Sin dalle immagini dei titoli di testa lo spettatore è invitato a prendere visione del mondo esteriore e finto nel quale stiamo entrando. Attraverso una bellezza non convenzionale ci si mette a nudo come animali e come animali non troppo nobili amiamo vedere le persone, come fosse una mostra. Scena impattante e che si collega pian piano durante la visione di tutto il film nel quale facciamo la conoscenza di altri tipi di animali notturni.
Gli animali della violenza perpretata sono solo uno dei gruppi di animali della nostra notte dell’anima nei quali ci possiamo identificare. Gruppi nei quali entriamo e usciamo cercando di conformarci alle idee dei componenti, alle idee che gli altri vogliono per noi e per la nostra vita.
La storia d’amore tra Susan (una bellissima e nuovamente convincente Amy Adams) ed Edward (Jake Gyllenhaal) è agli antipodi rispetto a quella di Tony (sempre un potente e convinto Jake Gyllenhaal) e di sua moglie, in generale della sua felice famiglia che parte per le vacanze. Uno specchio dell’anima dei due protagonisti follemente intrecciati in una vicenda su due diversi piani narrativi.
“non dovresti scrivere sempre di te” “scrivo di me perché scrivere mi aiuta a portar fuori quanto ho dentro” questa la battuta e risposta tra la Susan ed Edward durante il periodo universitario. Una battuta che segna due stili diversi di vita, due modi di concepire il lavoro dell’altro e forse, due modi per non volerlo capire.
L’arte che espone Susan è vuota se non ha il sentimento, così come quanto scrive Edward è inutile se non affidato al giusto involucro, alla giusta forma, al corretto utilizzo grazie al quale dovrà raggiungere le persone o, come in questo caso, la persona.
Tom Ford sviluppa bene personaggi e situazioni, lasciando alla sceneggiatura una giusta dimensione. Scritto in maniera quasi impeccabile il film mescola in maniera interessante la parte thriller con la parte sentimentale. Grande aiuto è dato dalla musica e dalla prova degli attori. I due protagonisti soprattutto ma, da rimarcare è la performance di un divertito e cinico Michael Shannon e di un “bad boy” Aaron Taylor-Johnson.
Film magnetico ed intrigante che ha convinto appieno i critici della 73° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Finale bellissimo!
Voto: 7,8