Recensione in anteprima – Dopo il grande successo di critica alla presentazione alla Festa del cinema di Roma, approda al cinema dal 25 febbraio l’esordio nei lungometraggi di Gabriele Mainetti. “Lo chiamavano Jeeg Robot” è un film entusiasmante, cupo, sincero, genuino e di grandissimo impatto in un genere poco frequentato dalle produzioni italiane.
Enzo Ceccotti non è nessuno, vive a Tor Bella Monaca e sbarca il lunario con piccoli furti sperando di non essere preso. Un giorno, proprio mentre scappa dalla polizia, si tuffa nel Tevere per nascondersi e cade per errore in un barile di materiale radioattivo. Ne uscirà completamente ricoperto di non si sa cosa, barcollante e mezzo morto. In compenso il giorno dopo però si risveglia dotato di forza e resistenza sovraumane. Mentre Enzo scopre cosa gli è successo e cerca di usare i poteri per fare soldi, a Roma c’è una vera lotta per il comando, alcuni clan provenienti da fuori stanno terrorizzando la città con attentati bombaroli e un piccolo pesce intenzionato a farsi strada minaccia la vicina di casa di Enzo, figlia di un suo amico morto da poco. La ragazza ora si è aggrappata a lui ed è così fissata con la serie animata Jeeg Robot da pensare che esista davvero. Tutto sta per esplodere, tutti hanno bisogno di un eroe.
Grande successo di pubblico e critica alla proiezione in quel di Roma durante la Festa del Cinema dell’ottobre del 2015. Vari apprezzamenti riscossi durante le proiezioni in anteprima e grande attesa per l’uscita al cinema di un’opera prima. Gabriele Mainetti infatti debutta nei lungometraggi con questa sua coraggiosa regia. Un film italiano sui supereroi, non certo un genere popolare nel panorama produttivo italiano e, constatato il recente mezzo fallimento di Gabriele Salvatores con “Il ragazzo invisibile” certamente un genere poco fortunato.
Siamo tutti abituati ai supereroi Marvel o DC. Tutti film pieni di effetti speciali fin dalle prime scene, pieni di humour e di cura del prendersi seriamente (anche troppo vedasi “Iron Man”) giocando spesso con lo specchio dei propri poteri. Nulla di tutto questo in “Lo chiamavano Jeeg Robot”. O meglio, la dinamica della creazione del supereroe inconsapevole e fortuita c’è. La sua crescita e presa di coscienza dell’essere più di un semplice uomo viene presentata e sviluppata. Però qui, nel film di Mainetti, Claudio Santamaria che interpreta il protagonista Enzo è tutto tranne che un eroe e non vuole esserlo nemmeno quando l’evidenza dei superpoteri si manifesta.
E’ pur vero che è il periodo dei supereroi non supereroi, vedasi l’esilarante “Deadpool” di questi giorni per esempio. Ma lì, in “Deadpool” il tutto viene usato in chiave prettamente ironica, sboccata, volutamente volgare e sopra le righe. Il film di Mainetti invece presenta un uomo semplice, anche più semplice di un Peter Parker qualsiasi, un’ombra di se stesso, la parodia di un uomo costretto a vivere una vita di stenti e di furti che, vinto dalla noia cerca di vincere la sua immensa solitudine con la visione di pornografia e con l’estraniarsi dal mondo fingendo con forza di non interessarsi al prossimo.
Costruito perfettamente il personaggio di Enzo Ceccotti/Jeeg Robot, anche gli altri personaggi son ben interpretati e scritti. Su tutti la splendida versione del boss di quartiere Zingaro con la voce e i movimenti di Luca Marinelli, qui figlio illegittimo del Joker di Heath Ledger. Un omaggio che non è copia forzata ma un rendere credibile un personaggio spietato e parente stretto di una sottotraccia umana urbana fatta di loschi traffici e di accordi sottobanco per il controllo del territorio. Ex concorrente di Buona Domenica è anche un sottoprodotto di quella tv malata che genera mostri ipertrofici del proprio ego.
La bella da salvare, la principessa, l’anima gentile da proteggere è la sorpresa dell’intero film. Una perfetta Alessia interpretata da Ilenia Pastorelli. Di provenienza reale dal Grande Fratello compie l’impresa di rivalutare i suoi trascorsi con una recitazione in linea con il personaggio, non facile, di una bambina traumatizzata in un corpo da adulta. Lei crede in Jeeg Robot e tutto cambia… la Roma sotto attacco trema ma Jeeg Robot è il suo eroe e può salvare lei, suo padre, e la storia della città sempre più in mano alla delinquenza.
Un’ottima opera prima di Gabriele Mainetti, una Roma grezza, vera, reale, genuina e problematica ma splendida che fa da scenografia. Una sceneggiatura calibrata. Una storia solida, ben interpretata e ben diretta. Una ricerca della colonna sonora minuziosa con diversi musiche revival degli anni 60-70-80. Tutto questo così presentato in due ore di film non fanno sentire la mancanza degli effetti speciali ai quali si è abituati in queste occasioni. Gli effetti speciali ci sono ma sono artigianali e ben congegnati in economia e sono soprattutto funzionali e non fagocitano il film, anzi lo completano come contorno di un bel piatto principale.
Voto: 7,9