Recensione – Arriva anche in Italia, dopo diversi mesi di attesa, “While we’re young”, da noi con il titolo “Giovani si diventa”(!!). Nuovo film del regista e sceneggiatore Baumbach con protagonisti Naomi Watts e Ben Stiller in una commedia atipica e classica allo stesso tempo, sicuramente da vedere.
Josh e Cornelia – lui regista di documentari in crisi creativa, lei produttrice – formano una coppia che sembra avere tutto ma a cui pare mancare moltissimo, specie l’accettazione del tempo che passa. Quando si imbattono nei giovani Jamie e Darby – anche lui regista di documentari – e cominciano a uscire con loro, la vita di Josh e Cornelia cambia e si adegua al loro stile di vita esuberante.
Noah Baumbach è uno dei migliori registi e, soprattutto, sceneggiatori al lavoro nella Hollywood odierna, e While We’re Young conferma questa giudizio. Tanto per farla breve e togliersi subito il pensiero, ché il resto è solo acqua da portare al mulino del giudizio lapidario: è senza dubbio uno dei migliori film della stagione cinematografica italiana del 2015. E tanto per toglierci subito il pensiero: non è una commedia, e il titolo italiano è fuorviante, dà un’idea totalmente diversa di quello che è il film.
Passiamo, appunto, a parlare del film.
L’idea è semplice, si potrebbe dire pure banale, ma funziona alla grande. In teoria di scrittura questo film verrebbe definito un film “low concept”, ovvero un film che decolla a poco a poco, in modo da consentire agli spettatori di conoscere i personaggi.
I personaggi, appunto: quelli che muovono la storia, che la rendono interessante e “vera”. Quante volte abbiamo letto un libro, un film, e ci è capitato di trovare un dettaglio, un personaggio che stonavano e rendevano la storia meno interessante, quasi da tentarci di terminare subito la lettura, la visione? Ecco, in questo film non succede: Baumbach ama i suoi personaggi, li segue e te li mostra in tutti gli aspetti, positivi e negativi. Li rende, per usare delle formule preconfezionate e stantie, tridimensionali e non indifferenti a chi guarda. Per dire, c’è una battuta sui Goonies da parte di uno dei personaggi che non lascerà freddi chi è cresciuto con quel film.
I personaggi sono riusciti anche grazie al quartetto di attori: Ben Stiller e Naomi Watts sono splendidi e dimostrano un’ottima chimica insieme, sembrano davvero marito e moglie: certe scene, come l’esercizio hip-hop e l’incontro con lo sciamano, stanno lì a dimostrarlo. Stiller è credibile e perfetto, basti dire solo questo. La Watts azzecca l’ennesima ottima prova: Cornelia avrebbe potuto essere la carta da giocare per l’Awards Season di quest’anno, ma il film è uscito negli Stati Uniti a marzo (dopo essere stato presentato al Festival di Toronto del 2014), troppo lontano dalla stagione dei premi, peccato. Adam Driver, per quanto sia un pochino antipatico (almeno dà quest’impressione, poi magari è il tipo con cui usciresti a bere più volte una birra, sbronzandoti regolarmente), è davvero bravo e risulta credibile in un ruolo non facile e complesso, anche se non è aiutato dal doppiaggio. Amanda Seyfried è bellissima, illumina lo schermo e interpreta bene il ruolo di Darby, ma questo personaggio risulta un pochino sottoutilizzato e in fin dei conti (nonostante abbia un paio di linee di dialogo importanti per lo sviluppo della vicenda) fuori fuoco. Forse perché, se si volesse usare una formula a effetto, questo film è la storia di un triangolo isoscele. Un triangolo amicale più che amoroso, comunque.
Si diceva sopra che Baumbach è uno dei migliori sceneggiatori su piazza: While We’re Young, dopo Greenberg e Margot at the Wedding, è un’altra sceneggiatura coi fiocchi. Ascoltate i dialoghi: ne percepirete subito la cura per la scrittura e il realismo. A tal proposito, qualcuno potrebbe storcere il naso per le tante citazioni a registi e intellettuali presenti nei dialoghi: potrebbe trovare queste cose pretenziose, in definitiva un inutile sfoggio di cultura. Ma non se ne crucci: i personaggi appartengono alla classe intellettuale, è in quel modo che i membri della classe intellettuale parlano.
Ma Baumbach non dimostra solo di essere un buon dialoghista: tutta la storia è ammantata di un alone di “originalità”, una vera ventata d’aria fresca. L’originalità è soprattutto nel modo di raccontare: situazioni classiche, quasi stereotipate (vedi la ricordata scena col santone), ma raccontate in modo nuovo, senza battere le strade già percorse da decine di sceneggiatori. È interessante notare, inoltre, che lo sceneggiatore riesce a spiazzare lo spettatore anche più smaliziato, gli fa scoprire le cose a poco a poco. Una scelta apprezzabile.
Il regista e sceneggiatore, peraltro, si avventura in qualche elucubrazione su cosa sia la verità e cosa no (verso la fine c’è una scena con montaggio alternato davvero ottima).
Queste elucubrazioni non sono superficiali, perché la superficialità esiste quando un autore fa il passo più lungo della gamba e si avventura in astrusi discorsi sull’umanità pur avendo le fondamenta della storia d’argilla. Qui è tutto funzionale a una rappresentazione adeguata del personaggio di Josh, un documentarista. Come interessanti sono le scene con il personaggio di Ira: molto sul pezzo, e chissà che Baumbach non si sia ispirato a celebri intellettuali dissidenti come Chomsky e Zinn.
Finale delizioso e bellissimo.
Voto: 8