Recensione in anteprima – Il premio oscar James Marsh dirige con poesia e sentimento il biopic su Stephen Hawking, uno dei più grandi scienziati viventi. Straordinaria l’interpretazione di Eddie Redmayne supportato anche da una prova intensa di Felicity Jones
Università di Cambridge, 1963. Stephen è un promettente laureando in Fisica appassionato di cosmologia, “la religione per atei intelligenti”. Jane studia Lettere con specializzazione in Francese e Spagnolo. Si incontrano ad una festa scolastica ed è colpo di fulmine, nonché l’inizio di una storia d’amore destinata a durare nel tempo, ma anche a cambiare col tempo. Del resto il tempo è l’argomento preferito di Stephen, che di cognome fa Hawking, e lascerà il segno nella storia della scienza. In particolare, l’uomo persegue l’obiettivo scientifico di spiegare il mondo, arrivando ad elaborare la formula matematica che dia un senso complessivo a tutte le forze dell’universo: quella “teoria del tutto” che dà il titolo al film. La teoria del tutto però non si concentra sull’aspetto accademico o intellettuale della vita di Hawking ma privilegia l’aspetto personale e l’evoluzione parallela di due forze dell’universo: l’amore per la moglie e i figli, e la malattia, quel disturbo neurologico che porterà al graduale decadimento dei muscoli dello scienziato e lo confinerà su una sedia a rotelle. La contrapposizione di vettori riguarda anche le convinzioni ideologiche di Stephen e Jane: lui crede solo alle verità dimostrabili, lei nutre una profonda fede in Dio.
Con Man on wire James Marsh ha incantato il mondo documentando in modo poetico la vita, e soprattutto le gesta funamboliche di Philippe Petit, in “The theory of Everything” (La teoria del tutto) il regista riprende quella poesia nel trattare la vita di un altro grande uomo capace di andare oltre ai limiti fisici. Premio Oscar per quel documentario, Marsh come detto, si focalizza più sulla vita di coppia di Hawking e ne tratteggia le crescenti difficoltà. Se la regia col passare dello scorrere del film sconfina sempre più spesso nel sentimentalismo e nella lacrima facile inserendo un finale forse un po’ troppo retorico piuttosto che celebrativo, ciò che innalza la qualità del film è la recitazione.
Avendo avuto l’opportunità di vedere il film in anteprima e in lingua originale le performances dei due protagonisti, Stephen (Eddie Redmayne) e Jane (Felicity Jones) sono da sottolineare per intensità, profondità. Sarà difficile che possano vincere l’ambita statuetta ma almeno la nomination per Redmayne ci sta tutta, avendo svolto un lavoro veramente eccezionale nel rendere in maniera credibile tutte le difficoltà motorie ed espressive che via via Stephen si vede costretto ad affrontare.
Il trailer del film fa intendere, a coloro che non conoscono la storia di Hawking, che dietro questo grande uomo di scienza ci sia una grande donna come lo era Alicia Nash a fianco del John Nash di “A beautiful mind”, così è in parte. Dell’interpretazione della Jones abbiamo già detto, qui la vera Jane Hawking è anche l’autrice della biografia dalla quale è tratto il soggetto del film quindi il film, per forza di cose, narra le vicende della vita di Hawking solo fino ai primi anni novanta, accennando solo nella parte finale agli ultimi vent’anni.
La storia d’amore, la vita accademica, il rapporto famigliare, la malattia, tutte queste cose vengono toccate e trattate dal regista e dalla sceneggiatura ma diversi sono i punti della vita dello scienziato che potevano essere approfonditi. Certamente alcune situazioni poco hollywoodiane potevano essere trattati in modo più ampio ma i silenzi, i giochi di sguardi, le battute di Stephen a metà tra il sarcastico e lo scientifico dimostrano quella ricerca di poesia, di sentimenti, di atmosfera che il regista voleva ricercare.
Che Hawking sia stato ed è tuttora un esempio di determinazione per tutti coloro che si trovano in situazioni apparentemente impossibili dal punto di vista fisico lo sapevamo e lo dice la storia dei suoi successi in campo scientifico, letterario e divulgativo, nonchè la sua simpatia nel mettersi in gioco anche con apparizioni in show televisivi, Big Bang Theory per citare un ultimo esempio. Il film da’ una dimensione anche umana senza parlare solo del genio a un Hawking che è stato capace di essere marito, padre, professore oltre a ogni più rosea aspettativa dei medici.
“La teoria del tutto” focalizza l’attenzione non sulla battaglia da combattere contro la malattia perché quella è già persa. Il tema è l’accettazione della sconfitta per ripartire con le proprie forze, con la forza dell’amore, con la volontà della mente verso altri traguardi, verso altri successi nonostante tutto.
Voto: 7,8