Recensione – Clint Eastwood torna con un nuovo film al cinema. Un film forte, affettivo, politico, sporco, crudo, americano. American Sniper prende spunto dalla vera storia di Chris Kyle, cecchino dei Navy Seal divenuto una leggenda durante la guerra in Iraq.
Chris Kyle, un U.S. Navy SEAL che viene inviato in Iraq con una missione precisa: proteggere i suoi commilitoni. La sua massima precisione salva innumerevoli vite sul campo di battaglia e mentre si diffondono i racconti del suo grande coraggio, viene soprannominato “Leggenda”. Nel frattempo cresce la sua reputazione anche dietro le file nemiche, e viene messa una taglia sulla sua testa rendendolo il primario bersaglio per gli insorti. Allo stesso tempo, combatte un’altra battaglia in casa propria nel tentativo di essere sia un buon marito e padre nonostante si trovi dall’altra parte del mondo
Quando si sceglie di andare a vedere un film di Clint Eastwood ci si aspetta un film ricco di tensione emotiva e pieno di carattere. Anche questo “American Sniper” non delude le attese e porta sullo schermo le gesta della “leggenda” americana in maniera patriottica, elevandolo a eroe moderno. Tutto questo “essere americano che vive nel paese più bello del mondo” potrebbe risultare limitante per il film e troppo di parte tanto da trasudare propaganda da tutte le scene. Così in verità non è…. o almeno, è vero in parte.
Sin dal titolo e conoscendo l’opinione politica di Eastwood il film è coerente nel far vedere la vicenda solo dal punto di vista americano, anzi dal punto di vista del solo protagonista: Chris. Con lui ripercorriamo le fasi della guerra in Iraq post 11 settembre dai suoi occhi pieni d’America e costretti anche a vedere iracheni martoriati dai ricatti dei potenti uomini della guerra iracheni. E’ chiaro quindi che il film sia in tutto e per tutto un punto di vista parziale, ma è stato proprio creato apposta, il film non è sulla guerra in Iraq ma su Chris Kyle, americano, leggenda d’america.
Sebbene la sceneggiatura preveda anche la narrazione della storia d’amore tra Chris e sua moglie lo spazio per le vicende famigliari risultano poco consistenti rispetto alla ben più riuscita parte bellica del film. Complice anche uno script che, volutamente pensiamo noi, rende Chris un personaggio di poche parole e introverso, le scene di vita famigliare hanno poca tensione emotiva, funzionano solo quando, con un’espediente poco realistico, marito e moglie si trovano a colloquiare al telefono durante un’azione militare (lui) e durante l’inizio del travaglio (lei).
Bradley Cooper ce la mette tutta per rendersi credibile nella parte di un militare tutto d’un pezzo. Ci riesce e ci riesce talmente bene che assomiglia molto in viso e nel corpo (rimodellato di muscoli per l’occasione) del vero Chris Kyle. La regia del mostro sacro Clint Eastwood è sempre attenta, efficace, precisa, con delle belle scene di battaglia, pecca nel non approfondire la questione famigliare e ancor più le varie morti tra i commilitoni e amici di Chris, sottraendo troppo al personaggio, segnato sì dalle vicende di guerra ma funzionante solo quando è al fronte.
Con un finale che commuove e che ricorda ancora una volta che siamo di fronte a un film tributo a una leggenda americana, Eastwood fa centro grazie alla sua abilità nel raccontare una storia per immagini. Non c’è nessun messaggio in questo film, non è giusto nemmeno che ci sia, il film è progettato per omaggiare una leggenda e le immagini reali alla fine del film ne sono un esempio. Un film da vedere perché Eastwood è sempre un maestro, un film che sicuramente non è il suo capolavoro.
Voto: 7