Nel suo lucido tentativo di andare oltre i soliti generi cinematografici italiani, il regista Salvatores si avventura nella realizzazione di questo cinecomic adolescenziale. Lodevole tentativo che impatta nell’inadeguata struttura produttiva italiana, per nulla abituata a discostarsi da commedie e opere drammatiche.
Il film ha per protagonista Michele, un adolescente apparentemente come tanti che vive in una tranquilla città sul mare. Non si può dire che a scuola sia popolare, non brilla nello studio, non eccelle negli sport. Ma a lui in fondo non importa. A Michele basterebbe avere l’attenzione di Stella, la ragazza che in classe non riesce a smettere di guardare. Eppure ha la sensazione che lei proprio non si accorga di lui. Ma ecco che un giorno il succedersi monotono delle giornate viene interrotto da una scoperta straordinaria: Michele si guarda allo specchio e si scopre invisibile. La più incredibile avventura della sua vita sta per avere inizio.
Salvatores si avventura in un genere che in Italia non è molto gettonato: un film per adolescenti sui supereroi. La produzione messa in moto con un budget oltre gli 8 milioni di euro probabilmente non rientrerà dell’investimento vista la tiepida accoglienza del pubblico in questo periodo natalizio più votato ai cinepanettoni, ai film d’animazione e ai fantasy per la famiglia. Però il film del regista partenopeo ha un gran pregio quello di aprire una strada nuova, di cercare di esprimere attraverso la metafora dei superpoteri i problemi e le potenzialità di un’età votata ai grandi cambiamenti come quella adolescenziale.
Il film è esso stesso, nel titolo, allegoria per analogia del cinema italiano: è invisibile come è invisibile il genere in cui si incastra. Invisibile come sono invisibili alla società dei talk show, del business e dei media tutti i problemi dei nostri adolescenti sempre più lasciati a dialogare con sé stessi sui loro problemi. Il film infatti getta una luce ma non approfondisce il problema del bullismo e della deficienza d’attenzione in età scolare. Una luce posta lì per ricordare che quei problemi ci sono, un campanello d’attenzione per gli adulti alla visione più che per i ragazzi.
Nell’invisibilità a difetto che ci fa essere invisibili alle circostanze e soprattutto alle persone che ci interessano e visibili quando invece non vorremmo esserlo, Salvatores dimostra di saperci fare sia tecnicamente, mettendo in scena in modo credibile l’effetto speciale del ragazzo invisibile senza mai incorrere in errori, sia giocando con gli attori nel creare perfettamente una complicità di scena che indirizza il film più sul lato di un film per adolescenti che un film sui supereroi.
Ecco quindi che tutti i pregi del film rimangono fermi a quanto detto finora e affiorano gli innumerevoli difetti. Difetti molto spesso non ascrivibili al regista o ai tecnici ma alla chiara distanza siderale tra il cinema supereroistico hollywoodiano e il cinema supereroistico italiano. In Italia semplicemente non è solo questione di soldi o di effetti speciali ma anche di cultura, esperienza, ritmo, intensità scrittoria, ecc…
“Il ragazzo invisibile” sembra più un “corto lungo” o un episodio allungato di una serie tv piuttosto che un film. Lo dicono la recitazione non solo dei giovani attori, che pagano la poca esperienza e la poca professionalità che hanno dovuta all’età (ma alla loro età Saoirse Ronan, Elle Fanning e altri avevano già dimostrato ben altra verve recitativa), ma anche, la recitazione di una deludente Valeria Golino, poco credibile come mamma e ancor meno come poliziotta. Per non parlare della sceneggiatura, povera di spunti di approfondimento su situazioni e personaggi perché talmente ricca di elementi da cinecomic inseriti in 100 minuti di film da passare senza soluzione di continuità da un colpo di scena all’altro, da una rivelazione all’altra, da una spiegazione all’altra. Tutto nel film viene spiegato, spiegato ancor prima che lo spettatore possa domandarsi il perchè, ulteriore indizio della volontà del regista di indirizzarsi ai ragazzi, tralasciando per il tempo necessario il mondo degli adulti che avendo visto già molti dei film sui supereroi non saranno sorpresi minimamente da rivelazioni e scenari inattesi.
In fin dei conti “Il ragazzo invisibile” è un cinecomic adolescenziale più adolescenziale che cinecomic, fatto tecnicamente bene, pecca nella sceneggiatura confusa, pasticciata con troppa materia con l’assenza di un cattivo credibile e la pochezza della qualità recitativa. Salvatores però ci ha provato ed è giusto averlo fatto e ancora più auspicabile è che si continui a battere questa strada altrimenti il divario qualitativo tra le produzioni italiane e quelle straniere riguardo a questo genere non si colmerà mai.
Voto: 5,5