“Uno dei modi che l’umanità ha trovato per andare avanti è stato lasciarsi qualcosa alle spalle”. Nolan si lascia quindi alle spalle la trilogia fumettistica di Batman e l’intreccio onirico di Inception e guarda avanti con questo suo nuovo film. Un viaggio tra le stelle intenso, appassionante che ne certifica ancora una volta l’ottima qualità della sua regia.
In un futuro imprecisato l’umanità è afflitta da violenti cambiamenti climatici, politici, sociali, economici. L’agricoltura è fonte di sopravvivenza per le diverse famiglie ma è sempre più colpita dalla scomparsa di colture, da tempeste di sabbia e da siccità. Cooper (Matthew McConaughey) è un ex pilota di areoplani che, come tutti è costretto a fare l’agricoltore. Ha due figli: Tom e Murph. Soprattutto con quest’ultima vi è un rapporto padre-figlia molto intenso. I due scoprono casualmente una base segreta della Nasa (che nel frattempo era stata ufficialmente sciolta) dove vi trovano il dottor Brand (Michael Caine) e il suo team. In questa base si è iniziato da anni un programma per salvare il mondo.Cooper viene convinto a partire insieme ad Amelie Brand (Anne Hathaway), Doyle e Romilly per sfruttare un wormhole e cercare così un posto dove trasferire l’umanità. Ciò che il team vivrà e vedrà dopo il wormhole li sorprenderà fino a mettere in crisi molti aspetti e sentimenti umani.
La trama che Nolan tratteggia insieme al fratello nella sceneggiatura è lineare, semplice per certi versi. Nulla di avvicinabile rispetto alle scene a scatole cinesi di Inception: qui c’è un mondo da salvare, la nostra terra, o meglio c’è un mondo da cercare, un nuovo mondo da abitare. La sfida è questa, il viaggio o meglio l’azzardo è solo questo. Ma noi conosciamo Nolan, può essere semplice ma non è mai banale. In realtà il film rende semplice qualcosa che poteva essere complicato, e addirittura il regista ci porta per mano nelle teorie scientifiche cavalcando con astuzia anche il classico “disegnino”. A Nolan non interessa parlare di scienza con questo film, interessa altro e quell’altro si insinua pian piano nelle vicende, esplode come l’accensione dei motori alla partenza, viaggia sottotraccia per il resto del film e si manifesta in tutto il suo splendore nel finale. Come fosse una stella irraggiungibile, come fosse il vuoto che colma la distanza interstellare.
Nel vortice artificiale che genera gravità in una stazione spaziale gli elementi che cadono sono quelli più leggeri. I più pesanti, quelli cioè che hanno più peso nella vita di tutti, quelli più importanti affiorano quando meno te l’aspetti, quando ormai ci hai perso speranze e fiducia. Non esiste un viaggio se non si ha bene in mente dove si debba andare, non esiste che Nolan non lo sappia ed infatti lo sa benissimo. Ci porta per mano anche quando quella mano sembra lontana, assente, incomprensibile. Anche quando ci invita a riflettere, a farci parte dell’emozione, del dramma, dell’urlo del protagonista. Lui c’è, il regista sa, usa il materiale visivo, il suono, l’attesa, le immagini, per farci entrare nell’unico viaggio che lo spettatore non si aspetta di fare.
Il regista-sceneggiatore crea un film ricco di momenti intensi emotivamente, supportato da una colonna sonora impeccabile del solito Hans Zimmer, non nuovo a musiche che si fanno ricordare per la loro bellezza. Effetti speciali ben fatti e un cast che, giocando con le parole, definire stellare sarebbe troppo semplice completano il giudizio qualitativo sul film. McConaughey in particolare ci regala una delle sue più intense interpretazioni. La Hathaway è pacata e passionale nei momenti giusti pur non essendo “da Oscar”. Menzione speciale per la bravissima e giovanissima Mackenzie Foy, la piccola Murph
Interstellar ha citazioni evidenti a 2001:Odissea nello spazio, tributo dovuto ad un film che costituisce una pietra miliare della cinematografia mondiale. Ma i rimandi non si limitano al solo film di Kubrick, esiste anche una somiglianza con “Gravity” di cui però non supera la magnifica fotografia, una similitudine con “Contact” nella dinamica del viaggio e altri film del genere meno riconoscibili.
Nolan crea un film che potrà sembrare un capolavoro per alcuni, io non mi sento di definirlo tale. E’ un ottimo film che non piacerà a tutti soprattutto in un pubblico come quello italiano poco incline ad andare oltre la trama lineare. Se questo film ha un difetto importante, forse è l’eccessiva lunghezza. La parte centrale infatti poteva essere anche riassunta in modo da tagliare un 20-30 minuti che avrebbero avvicinato la lunghezza totale alle due ore. Nonostante le quasi tre ore, il film è sempre interessante e gli applausi finali in una gremita sala Energia dimostrano anche l’apprezzamento della maggior parte del pubblico.
Un discorso a parte bisogna farlo per la tecnologia tramite la quale ho visto la proiezione: quel 70mm che è stata la scelta di Nolan per la registrazione del film. Nolan stesso (fonti Arcadia) che notoriamente è sempre disposto a interessarsi a molti aspetti del film che vanno oltre la sola regia o i soli aspetti tecnici ha indicato nella sala Energia dell’Arcadia di Melzo come l’unica sala in Italia dove questa tecnologia poteva essere sfruttata al meglio. Il risultato è, in molte scene, strabiliante per profondità di immagine. Rimangono dei dubbi sulla nitidezza ma chiederò informazioni a chi di dovere.
Se dopo quanto letto non avete ben chiara l’idea se andare a vedere il film o meno, sappiate che allora siete sul sentiero giusto per vederlo, il modo migliore infatti per approcciarsi al film è quello di non riversarvi una serie di aspettative oltre il consentito. Dopotutto se un film di fantascienza riesce anche a strapparvi delle lacrime allora un motivo più che valido ci deve essere. Si tratta di un film fatto straordinariamente bene e Nolan ha dimostrato con questo suo nuovo lavoro di aver intrapreso un viaggio verso un nuovo mondo.
Voto: 8,5
Mi chiedo se ci sia qualcuno non interessato a vederlo 😛
La bella recensione non lascia scampo… non che ce ne fosse bisogno ma… s’ ha da vedere. E basta.